Compri merendine al supermercato: questi 3 dettagli in etichetta ti diranno se stai sbagliando tutto

Quando ci troviamo davanti allo scaffale delle merendine, spesso ci lasciamo guidare da confezioni colorate e nomi accattivanti. Ma vi siete mai chiesti cosa si nasconda realmente dietro definizioni vaghe come “snack al cioccolato”, “merenda morbida” o altri appellativi di fantasia? La denominazione di vendita dovrebbe essere uno strumento di trasparenza per il consumatore, eppure nel settore delle merendine confezionate questa indicazione risulta spesso ambigua, quando non completamente fuorviante.

Cosa dice la normativa sulla denominazione di vendita

La legislazione europea in materia di etichettatura alimentare, regolata dal Regolamento UE n. 1169/2011, stabilisce che ogni prodotto preimballato debba riportare una denominazione di vendita chiara e descrittiva della natura del prodotto. Questa indicazione deve figurare in etichetta in modo ben visibile e permettere al consumatore di comprendere immediatamente il contenuto senza bisogno di leggere la lista degli ingredienti. Tuttavia, per le merendine confezionate esiste un vuoto normativo significativo: non esistono definizioni legali specifiche per “merendina” o simili, permettendo ai produttori di utilizzare denominazioni generiche o nomi di fantasia che lasciano i consumatori nel dubbio.

Mentre per prodotti come il pane, i biscotti o le torte esistono definizioni precise stabilite per legge, le merendine sfuggono spesso a questa categorizzazione rigorosa. Il risultato? Sugli scaffali troviamo prodotti descritti semplicemente come “merendina”, “snack dolce” o con nomi inventati che non comunicano assolutamente nulla sulla composizione reale.

Il problema delle denominazioni fantasiose

Prendiamo un esempio concreto: di fronte a un prodotto denominato “Tortina soffice” o “Snack goloso”, quali informazioni possiamo davvero ricavare? Si tratta di un semplice prodotto da forno preparato con farina, uova e zucchero, oppure di una preparazione industriale farcita con creme vegetali idrogenate, sciroppi di glucosio e una lista interminabile di additivi? La denominazione non lo chiarisce affatto, creando una vera e propria asimmetria informativa tra produttore e consumatore.

Chi acquista si trova costretto a leggere l’intera lista degli ingredienti e la tabella nutrizionale per farsi un’idea precisa di ciò che sta comprando, un’operazione che richiede tempo, conoscenze specifiche e che spesso viene omessa durante una spesa veloce. Questa mancanza di specificità diventa particolarmente problematica quando si tratta di prodotti destinati ai bambini.

Le conseguenze per i genitori e le famiglie

Molti genitori scelgono le merendine basandosi su claim presenti in etichetta come “con vitamine”, “fonte di calcio” o “senza olio di palma”, senza rendersi conto che questi elementi, pur essendo veritieri e regolati dal Regolamento CE n. 1924/2006 sulle dichiarazioni nutrizionali e di salute, non raccontano la storia completa del prodotto, come la presenza di zuccheri aggiunti o grassi saturi elevati.

Una denominazione chiara permetterebbe invece di distinguere immediatamente i prodotti da forno semplici, preparati con ingredienti base, dalle merendine farcite con creme a base di grassi vegetali e zuccheri, dai prodotti con ripieni di frutta o marmellata, dagli snack ricoperti di glasse al cioccolato o preparazioni analoghe. Senza queste informazioni immediate, la scelta diventa un vero e proprio percorso a ostacoli informativo.

Come orientarsi nella giungla delle etichette

Di fronte a questa situazione, diventa fondamentale sviluppare una capacità critica di lettura delle etichette. La denominazione di vendita, anche quando generica, va sempre integrata con un’attenta analisi della lista ingredienti, che per legge deve riportare tutti i componenti in ordine decrescente di quantità.

Un indicatore importante è la posizione degli zuccheri e dei grassi nell’elenco: se compaiono tra i primi tre ingredienti, significa che rappresentano una componente significativa del prodotto. Allo stesso modo, la presenza di oli vegetali non meglio specificati, sciroppi di glucosio-fruttosio o una lunga lista di additivi dovrebbe far riflettere sulla qualità complessiva della merendina.

L’importanza della tabella nutrizionale

Quando la denominazione non fornisce informazioni sufficienti, la tabella nutrizionale diventa uno strumento indispensabile. I valori da tenere sotto controllo sono principalmente tre: gli zuccheri, i grassi saturi e le calorie per porzione. Una merendina che fornisce più di 15 grammi di zuccheri e 10 grammi di grassi saturi per porzione rappresenta un apporto nutrizionale molto diverso rispetto a un prodotto da forno più semplice.

Attenzione anche alle porzioni di riferimento: alcuni produttori indicano i valori nutrizionali per 100 grammi su confezioni che ne contengono 30 o 40, rendendo meno immediata la comprensione dell’effettivo apporto calorico e nutrizionale. Si tratta di una pratica consentita ma criticata dalle associazioni consumatori per la sua scarsa trasparenza.

Verso una maggiore trasparenza

Le associazioni dei consumatori da anni chiedono una revisione normativa che obblighi i produttori a utilizzare denominazioni di vendita più descrittive e meno ambigue per le merendine, proponendo definizioni legali specifiche simili a quelle esistenti per altri prodotti da forno. L’obiettivo non è demonizzare questi prodotti, che possono trovare spazio in un’alimentazione equilibrata se consumati con moderazione, ma garantire che le scelte d’acquisto avvengano in modo realmente consapevole.

Alcuni produttori più virtuosi hanno già adottato volontariamente denominazioni più precise, specificando ad esempio “brioche farcita con crema al cacao e nocciola” oppure “plumcake con gocce di cioccolato”. Queste indicazioni, pur non essendo obbligatorie, dimostrano che è possibile comunicare in modo più trasparente senza penalizzare l’attrattività commerciale del prodotto.

Il ruolo attivo del consumatore

In attesa di interventi normativi più incisivi, ogni consumatore può contribuire al cambiamento attraverso scelte d’acquisto più informate e consapevoli. Dedicare qualche minuto in più alla lettura delle etichette, confrontare prodotti simili e privilegiare quelli con informazioni più chiare rappresenta un piccolo gesto che, se moltiplicato, può spingere l’industria alimentare verso standard di trasparenza più elevati.

Le merendine continueranno a far parte delle nostre abitudini alimentari, ma spetta a noi pretendere di sapere esattamente cosa contengono. La denominazione di vendita dovrebbe essere la prima, immediata fonte di informazione: fino a quando rimarrà vaga e generica, saremo noi consumatori a dover colmare questo vuoto con attenzione, pazienza e spirito critico.

Quando compri merendine cosa leggi per primo in etichetta?
Il nome fantasioso sulla confezione
La lista completa degli ingredienti
La tabella con zuccheri e grassi
Solo le calorie totali
Niente compro a caso

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