Molte nonne si trovano in una situazione paradossale: amano profondamente i loro nipoti, ma quando sono insieme la comunicazione rimane ancorata al livello più superficiale. “Hai fatto i compiti?”, “Cosa vuoi per merenda?”, “È ora di lavarsi i denti”. Frasi necessarie, certo, ma che lasciano inesplorato un territorio ricchissimo: quello della connessione emotiva autentica. Questa difficoltà non nasce da mancanza d’amore, ma spesso da modelli educativi del passato che non prevedevano la condivisione delle emozioni come strumento relazionale.
Perché alcune nonne faticano ad andare oltre la superficie
Le generazioni cresciute tra gli anni ’40 e ’60 hanno spesso ricevuto un’educazione improntata al “fare” piuttosto che al “sentire”. Esprimere vulnerabilità , raccontare paure o momenti di difficoltà veniva considerato inappropriato, specialmente per le donne che dovevano incarnare il ruolo di pilastro silenzioso della famiglia. Gli studi sulla trasmissione intergenerazionale dei modelli comunicativi dimostrano che i pattern relazionali appresi nell’infanzia tendono a ripetersi, creando una vera e propria “eredità emotiva” difficile da modificare senza consapevolezza.
Questa generazione ha costruito la propria identità di caregivers attraverso gesti concreti: cucinare, rammendare, accudire nei bisogni fisici. L’idea che si potesse “essere presenti” anche attraverso una conversazione sul proprio mondo interiore risultava estranea. Il risultato è una difficoltà genuina nel trovare le parole per dire “mi ricordo quando avevo la tua età e avevo paura del buio” oppure “quella volta che tua mamma era piccola e abbiamo vissuto un momento speciale insieme”.
Il valore nascosto dei ricordi condivisi
I bambini sono affamati di storie, specialmente quelle che riguardano le persone che amano. Quando una nonna racconta episodi della propria infanzia o dell’infanzia dei genitori, offre ai nipoti qualcosa di inestimabile: la possibilità di collocarsi in una narrazione familiare più ampia. Questo processo, che gli psicologi dello sviluppo chiamano creazione del senso di continuità generazionale, contribuisce significativamente alla costruzione dell’identità del bambino.
Un nipote che ascolta come la nonna superava le difficoltà , cosa la rendeva felice, quali sogni aveva, acquisisce strumenti emotivi preziosi. Capisce che anche gli adulti sono stati bambini con paure e speranze, normalizzando le proprie emozioni e ampliando la propria comprensione della complessità umana.
Strategie concrete per aprire canali emotivi autentici
Il potere degli oggetti-ponte
Utilizzare fotografie, vecchi giocattoli o oggetti significativi può facilitare la narrazione. Una nonna può mostrare una sua foto da bambina e aspettare che sia il nipote a fare domande, abbassando così la pressione di “dover parlare”. Gli oggetti fungono da mediatori emotivi, rendendo la conversazione meno diretta e quindi meno minacciosa per chi non è abituato all’introspezione condivisa.
Le attività affiancate come facilitatori
La ricerca neuroscientifica sulla comunicazione evidenzia che le conversazioni più profonde avvengono spesso quando non ci si guarda direttamente negli occhi. Cucinare insieme, fare giardinaggio, costruire qualcosa o disegnare crea quello spazio sicuro dove le parole fluiscono più naturalmente. Una nonna può commentare: “Sai, anche io da piccola adoravo impastare con mia madre” e vedere dove il bambino porta la conversazione.
Le domande aperte che spostano l’attenzione
Invece di chiedere “Hai fatto i compiti?”, provare con “Qual è stata la parte migliore della tua giornata?”. Anziché “Cosa vuoi mangiare?”, sperimentare “Se potessi inventare un piatto magico, che sapore avrebbe?”. Queste domande aprono finestre sul mondo interiore del bambino e invitano a una reciprocità emotiva. Quando il nipote risponde, la nonna può collegarsi con un proprio ricordo: “Anche per me la parte migliore era quando…”

Superare il timore del giudizio e della vulnerabilitÃ
Molte nonne temono che mostrare la propria umanità possa deludere i nipoti. In realtà accade l’opposto: i bambini sviluppano attaccamenti più sicuri con adulti che mostrano autenticità , inclusi limiti e imperfezioni. Una nonna che dice “A volte mi sento sola” o “Quella volta ho avuto tanta paura ma poi è andato tutto bene” non perde autorevolezza, ma guadagna in umanità e accessibilità emotiva.
Il segreto sta nel calibrare la condivisione sull’età del bambino, senza sovraccaricarlo ma senza nemmeno proteggerlo eccessivamente da emozioni umane universali. Un bambino di sei anni può certamente comprendere che anche la nonna provava gioia quando vinceva a un gioco, o tristezza quando un amico si trasferiva.
Rituali piccoli ma significativi
Creare rituali semplici ma costanti aiuta a costruire quello spazio emotivo condiviso. Può essere:
- Un momento serale dove ognuno racconta “una cosa bella e una difficile” della giornata
- Un quaderno condiviso dove nonna e nipote disegnano o incollano cose che li hanno colpiti
- Una “scatola dei ricordi” dove inserire bigliettini con momenti speciali vissuti insieme
- La lettura di storie seguita dalla domanda “Ti è mai capitato di sentirti come il protagonista?”
L’importanza dell’ascolto prima della parola
Prima di riuscire a condividere il proprio mondo emotivo, una nonna può allenarsi all’ascolto profondo. Quando il nipote parla, resistere alla tentazione di interrompere con consigli pratici o minimizzazioni. “Ho litigato con Marco” non necessita di “vedrai che passa”, ma piuttosto di “Come ti sei sentito quando è successo?”. Questo tipo di ascolto validante crea un modello di comunicazione emotiva che, gradualmente, diventa bidirezionale.
La neuroscienza affettiva ci insegna che il cervello umano è dotato di neuroni specchio che si attivano quando percepiamo le emozioni altrui. Quando una nonna ascolta autenticamente, il bambino percepisce questa risonanza emotiva e si sente legittimato a esplorare il proprio mondo interiore, creando le basi per una reciprocità futura.
Trasformare una relazione basata principalmente su aspetti pratici in una connessione emotiva autentica richiede tempo e gentilezza verso sé stesse. Non si tratta di stravolgere la propria personalità , ma di aprire gradualmente piccole finestre su quel patrimonio di esperienze, emozioni e saggezza che ogni nonna possiede. I nipoti non chiedono perfezione: chiedono presenza autentica. E quella è sempre possibile, a qualsiasi età si decida di iniziare.
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